scalata

L’Arte della circolarità e del riutilizzo dei materiali

Come abbellire il proprio habitat

L’innovazione e la creatività sono le risorse necessarie per chi vuole cercare di migliorare il proprio habitat. In particolare, la risorsa più importante da avere è la tenacia di non mollare. Vogliamo migliorare abitazioni ma anche giardini. Singoli isolati ma anche interi quartieri. Migliorare per reinventare spazi abitativi sempre più consoni e sostenibili. E continuare a chiamare casa il posto in cui si abita. “Migliorare” è una tendenza di questo 2024 con l’uso di materiali sostenibili, la scelta di tavolozze, di colori audaci e l’adozione di soluzioni convenienti.Migliorare le proprie case con semplicità e sapienza significa costruire con ciò che resta e proseguire nel processo di circolarità dei materiali. Sono alcuni aspetti che vorremmo approfondire in questo articolo.

Immagine di Jose Alejandro Cuffia- Casa

Risorse per uscire dall’estrattivismo

Nel suo ultimo libro Philippe Simay, filosofo, specialista in etica ambientale, s’interroga sul rapporto che le nostre società hanno con le loro risorse. Per riscoprire i legami che ci uniscono ai materiali e, in generale, al mondo reale. Simay propone di allontanarsi da un approccio antropocentrico alle risorse. Lo definisce, con un termine estremamente proprio, estrattivismo. Evidenziando la necessità, per il nostro tempo, di non prendere dalla Terra, ma di imparare a costruire solo con ciò che resta. Ovvero a riutilizzare ciò che esiste. Questo sarebbe un vero approccio sostenibile all’architettura.

Costruire con ciò che resta

Rinnovare la casa con saggezza non è solo uno slogan. Siamo prigionieri di un modello produttivista, che è basato sull’estrazione massiccia di materie prime, non rinnovabili, dal pianeta. L’architettura, che adopera massicciamente queste materie prime, non rende più abitabile il mondo. Tutt’altro. Partecipa alla predazione e alla distruzione degli ambienti abitati. Questa violenza sistemica non può essere ignorata e non può essere tollerata. Tutti coloro che fanno parte del mondo dell’architettura devono essere consapevoli di ottimizzare le risorse naturali disponibili o di privilegiare materiali derivati dalle biomasse. Chi progetta ha obblighi etici nei confronti degli ambienti in cui opera. Ma come si può ancora costruire, senza danneggiare l’habitat ed il pianeta?

Guardare alla tradizione

Sulla base delle sue osservazioni e ricerche, Philippe Simay propone di tornare ad un approccio rispettoso verso l’ambiente. Queste parole possono suonare come pura utopia. Visto il consumo sempre maggiore di risorse, che negli ultimi vent’anni s’è abbondantemente incrementato, spegnere il cannibalismo energetico, tornare a strumenti più frugali (antichi addirittura). che non necessitano di tutta questa energia, i risultati potrebbero essere simili, se non migliori. E l’impatto ambientale di sicuro diminuirebbe. Philippe Simay ci provoca, invitandoci a non prendere più nulla dalla Terra. Come faremo a rinunciare alle nostre “comodità”? Come farà il “meccanismo” messo in campo negli ultimi decenni, a stare in piedi?

Partire dal piccolo

L’autore ha viaggiato per il mondo per quattro anni. Nel suo tour giramondo ha incontrato popolazioni che abitano il nostro pianeta in modo diverso e il cui stile di vita può insegnarci molto. Un modo nuovo per abitare il mondo. Mentre le loro preoccupazioni sul futuro risuonano nella coscienza delle civiltà “sviluppate”. Secondo Simay, le case raccontano il nostro modo di vivere, il nostro modo di concepire l’habitat ma anche il rapporto con gli altri. Con i singoli, con la città. E soprattutto riflette l’idea che abbiamo della natura in un’epoca in cui la tendenza è verso la standardizzazione degli stili di vita e dei metodi di costruzione. “Come la diversità degli esseri viventi ha un valore intrinseco, la diversità degli habitat e dei modi di vivere ha un valore culturale” afferma l’autore.

Come la diversità degli esseri viventi ha un valore intrinseco, la diversità degli habitat e dei modi di vivere ha un valore culturale

Ascoltare è più importante che rispondere

Interessarsi ai luoghi è un punto di partenza. Perché i luoghi siamo noi. Là dove si è, li c’è il proprio posto. Il nido, la casa, la famiglia a cui si appartiene e di cui avere cura. Ciò che ha sorpreso di più Philippe Simay durante i suoi viaggi è stata la facilità con cui le persone gli hanno aperto le porte delle loro case. “Tutti vivono” a partire dalla casa. Da li sorgono rapidamente questioni economiche, politiche e religiose. Se l’habitat è principalmente il luogo dell’intimità, è spesso anche focalizzato sull’esterno. In altri termini, piuttosto che sulla questione dell’interiorità, è bene concentrarsi su come essa si proietti sull’esterno. “La casa non è un impero all’interno di un impero”, ma un’entità collegata a molte altre cose che crea circolarità.

Una filosofia molto diversa dal modo “occidentale” di concepire l’ambiente domestico che invece sconta un ripiegamento, che è anche un impoverimento dell’architettura ridotta a semplice oggetto: “Vivere non è semplicemente occupare uno spazio, è imparare a condividerlo”.

Vivere non è semplicemente occupare uno spazio, è imparare a condividerlo

Immagine di Zach Reiner- Condivisione

La riconnessione

La questione della condivisione dello spazio è essenziale. Soprattutto di fronte alla distruzione degli ecosistemi e alla crisi ecologica. Allo stesso tempo, le reti di solidarietà sono più forti nei luoghi dove le condizioni abitative sono più precarie.

Oggi è urgente vivere in modo diverso in occidente. Ripensare come produciamo edifici, che sono ad alta intensità di risorse. É urgente reintrodurre una dimensione sociale nello sviluppo del costruito. Ricordiamo che a livello globale il 20% della popolazione continua ad accaparrarsi oltre l’80% delle risorse disponibili. E più metalli stanno per essere estratti dalla crosta terrestre in una generazione rispetto a quanto si è fatto in tutta la storia dell’umanità. Mentre un rapporto sulla biodiversità lancia l’allarme sullo stato del nostro ambiente: dobbiamo “riconnetterci”. Con gli altri e con il nostro habitat. La circolarità è essenziale.

Possiamo fare qualcosa per smettere di scavarci la fossa e rifiutare un modello basato su una crisi globale permanente? Secondo Philippe Simay si; speriamo che abbia ragione.

Per approfondire: Bâtir avec ce qui reste di Philippe Simay

Forse ti potrebbe interessare anche: La cucina del futuro sarà caratterizzata da un approccio verde?