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Le borse in pelle di cactus di Roberto di Stefano

Traduttore
Sara Bargiacchi
By
Anna Quirino

Roberto di Stefano è un giovane designer italiano che sta sperimentando l’utilizzo di un materiale innovativo. Le borse in pelle di cactus di Roberto di Stefano sono realizzate con un tessuto vegetale simile alla pelle estratto dalle foglie di cactus.

A lanciare sul mercato questa “pelle” è stato Desserto, brand messicano (di Guadalajara, per la precisione), fondato da Adrián López Velarde e Marte Cazárez e presentato nel 2019 a “Lineapelle”, fiera internazionale tenutasi a Milano.

Il cactus ha diverse proprietà, soprattutto cresce da solo e non ha bisogno d’acqua. La pelle prodotta nelle piantagioni di cactus di Desserto non solo è sostenibile ma anche biodegradabileduratura e di alta qualità. L’intero processo produttivo, dalle tecniche di coltivazione organiche (senza erbicidi né pesticidi) all’essicamento e colorazione rispetta completamente l’ambiente e l’etica del lavoro.

Roberto di Stefano, finalista del concorso “Vogue Who is on Next” del 2017 e apparso sulla piattaforma “Vogue Talents” di Sara Maino, è il primo designer italiano a scommettere su Desserto. Con l’impiego di questo innovativo materiale, il brand omonimo di Roberto di Stefano diventa cruelty free, vegano e sostenibile.

Dicono Velarde e Cazarez della collaborazione con Roberto di Stefano: “Siamo felici di collaborare con questa giovane start up che ha fatto un grande passo avanti in termini di sostenibilità, utilizzando il nostro materiale innovativo in Italia per produrre un’intera collezione vegana di accessori moda“.

Abbiamo avuto modo di farci raccontare da Roberto la sua nuova collezione e ci siamo confrontati con lui riguardo il futuro della moda sostenibile.

Le borse in pelle di cactus di Roberto di Stefano: intervista al designer

Innanzitutto grazie Roberto per averci concesso questa intervista. Vorrei, per prima cosa, domandarti come e perché nasce la collaborazione con “Desserto”. Raccontaci un po’ di più del tuo interesse per i materiali eco-sostenibili.

Grazie a voi per avermi dato questo spazio. Il mio interesse per i materiali ecosostenibili nasce dalla necessità di non utilizzare più pellami di origini animale. Durante la mia ricerca è nata in me la volontà di rendere il brand 100% sostenibile, cruelty free e vegano, erano anni che ci pensavo e personalmente in questo preciso momento era impensabile tornare a concepire le collezione come prima. Per realizzare il mio progetto volevo avere a disposizione la soluzione migliore e la scelta non poteva che ricadere sul pellame realizzato dai cactus di ‘Desserto’ che è quello che ho ritenuto più innovativo e versatile.

Chi è la donna che acquista una borsa “Roberto di Stefano”?

E’ una donna che apprezza il design, la qualità e la moda. Una donna che è interessata ad un prodotto made in Italy e anche a tutto quello che concerne la realizzazione della borsa; per una personalità che vuole avvicinarsi ad un modo di vivere lo stile più consapevole e sostenibile.

Quando hai preso la decisione di mantenere la produzione in Italia e perché?

Io produco in Italia da sempre e continuerò a farlo in primis perché sono estremamente felice di poter supportare i nostri artigiani e allo stesso tempo, di garantire il massimo della qualità, key value del mio marchio.

Personalmente, credi che la moda sostenibile riuscirà a farsi largo nell’Olimpo del “fast fashion”?

Credo che sia necessario e fondamentale. Non può più essere considerato un extra. Bisognerebbe far sì che la persone vengano sensibilizzate all’argomento e spero che presto il fast fashion si allinei seriamente a questa filosofia.

Come sarà, a tuo parere, il futuro della moda dopo la pandemia? Credi che qualcosa stia cambiando?

Io penso che il cambiamento sarà totale e investirà tutti i settori. Nella moda penso che la prima cosa che sta cambiando e cambierà siano i ritmi delle collezioni e delle proposte. Si darà più valore alla qualità, alla storia e all’autenticità del brand. Tutto questo dovrà essere affiancato ad un modo di presentarsi più digitale. Queste due realtà (da una parte la necessità di essere autentici e dall’altra la rappresentazione digitale) apparentemente discordanti dovranno convivere.

Qual è il processo creativo dietro una borsa “Roberto di Stefano”? Dove hanno origine le tue idee, da cosa o da chi prendi ispirazione?

Il mio processo creativo è libero e privo di preconcetti: dalla scelta dei materiali, all’ accostamento dei colori, al mix degli elementi apparentemente discordanti. Mi piace sperimentare. Il design è volutamente essenziale in modo che il messaggio arrivi più limpido. Oggi oltre allo stile c’è un contenuto per me imprescindibile che è la sostenibilità, il cruelty free, i materiali vegani e la continua ricerca.

Le tue creazioni non sono simmetriche, anzi hanno spesso forme destrutturate e particolari. È l’espressione di una tua visione della moda?

Il concept ruota intorno ad un design pulito ed essenziale, ma pregno di ossimori. Nell’ultima collezione ad esempio la corda, elemento naturale contrasta l’austerità delle linee. Il maxi logo specchiato sulle micro borse attrae inconsciamente l’occhio di chi le osserva. Provo a fare un lavoro anche mentale oltre che di stile.

In chiusura, vorrei chiederti cosa consiglieresti ai giovani designer di oggi, su cosa puntare e come esprimere sé stessi attraverso i propri capi.

Ai designer che si stanno affacciando al mondo della moda posso consigliare di avere una visione chiara. Diversa dagli altri, di ascoltare tutti, ma di seguire sempre il proprio istinto. Avere pazienza e lavorare molto sono caratteristiche imprescindibili.

L’ultima collezione di Roberto di Stefano è stata presentata all’interno di SHOWCASE di Altaroma (esclusivamente online). Durante la Milano Fashion Week, inoltre, le borse in pelle di cactus hanno esordito con un interessante progetto video chiamato “Portraits”, che ha coinvolto sei personalità del campo della sostenibilità e le ha viste interpretare le creazioni Roberto di Stefano nella loro quotidianità.

Si ringrazia per le immagini e per l’intervista Michele Leva di “S2B Press” (Milano).