Se vi dicessi moda veloce (o fast fashion), qual è la prima cosa a cui pensereste? Probabilmente a grandi catene come Zara, Shein, H&M, giusto? Forse però dovremmo modificare l’idea che associamo a questa parola.
Non a caso questo tipo di moda, economica ed in grado di farci stare sempre al passo con le tendenze a prezzi accessibili, sta rovinando il nostro pianeta sia a livello ambientale, sia a livello umano.
Già a partire dagli anni ’70 si inizia a parlare di questo fenomeno, complice il boom economico ed il cambio di rotta a livello sociale: le donne diventano sempre più le protagoniste, la moda diventa eccentrica ed anche un modo per esprimere sé stessi.
![Fast fashion, la donna e il suo protagonismo nella moda](https://www.thegreensideofpink.com/wp-content/uploads/2022/12/donna-e-moda-1024x640.jpg)
Ma chi ne paga le conseguenze?
Sicuramente tutti.
Dati statistici rivelano come questo settore sia il più inquinante a livello globale. Ogni anno inoltre vengono scartate tonnellate di capi invenduti, abbandonati su terreni nelle zone più deserte del pianeta. Il Cile in particolare viene chiamato “il cimitero della moda”.
![Moda e inquinamento](https://www.thegreensideofpink.com/wp-content/uploads/2022/12/donna-che-annega-tra-i-vestiti-1024x640.jpg)
Stando al rapporto del Global Fashion: Green is the new black, per produrre una maglietta servono circa 2.700 litri di acqua, la quantità media bevuta da una persona in quasi 3 anni. 7000 invece per un paio di jeans.
La Commissione Economica Europea ha inoltre riportato le problematiche più evidenti del settore dichiarando che:
- È responsabile del 20% dello spreco di acqua
- Produce l’1’% in più di emissioni di CO2
- Emana gas serra
- Utilizza pesticidi che inquinano
Ma a pagarne il prezzo più alto sono i lavoratori, spesso donne e bambini costretti a situazioni poco umane: ore e ore di lavoro, senza garanzie e con un salario estremamente basso.
![Industria della moda e l'inquinamento sul pianeta](https://www.thegreensideofpink.com/wp-content/uploads/2022/12/moda-e-inquinamento-1024x640.jpg)
I casi Shein e Boohoo
Questi due colossi sono i più discussi dell’ultimo periodo.
Shein ha un enorme impatto non solo a livello ambientale ma anche a livello di mercato, difatti è valutata circa 100 miliardi di dollari, con una crescita esponenziale iniziata nel 2015. Lo scandalo sta però nello sfruttamento dei lavoratori, i quali lavorano 18 ore al giorno per uno stipendio di circa 550€ al mese (diritti umani e industria della moda).
Boohoo, marchio britannico fondato nel 2006, non è da meno ed ha subito un pesante crollo in borsa nel 2020.
Entrambi i marchi producono migliaia di capi al giorno, utilizzando materiali dannosi per l’ambiente ma soprattutto per le persone stesse. In un rapporto del 23 novembre 2022, Greenpeace ha svelato che i capi di Shein contengono sostanze chimiche tossiche, fra cui composti organici volatili, alchilfenoli etossilati, formaldeide, ftalati, PFAS e metalli pesanti.
Inutile dire quindi che questa problematica sta diventando sempre più sentita.
![Come possiamo fare la differenza?](https://www.thegreensideofpink.com/wp-content/uploads/2022/12/donna-e-vestiti-sulla-testa-1024x640.jpg)
“Tanto costa poco”, quante volte ci siamo ritrovati a dire a noi stessi questa frase? In quel momento dovremmo soffermarci a pensare al danno ulteriore che recheremmo a noi stessi ed al nostro pianeta.
Noi possiamo fare la differenza, partendo da piccoli e semplici gesti.