Werner Bischof: il Colore invisibile in mostra

Dalla fotografia la rappresentazione dell'umanità

Norma Márquez
Visual Curator
Translator
Andrea Terrado

Werner Bischof (Zurigo, 1916 – Trujillo, Perù, 1954), è uno dei grandi maestri della fotografia del XX secolo. Ha realizzato reportage in tutto il mondo in un rigoroso bianco e nero. Andando oltre il reportage è stato un vero artista della fotografia. Era capace di cogliere, con il suo sguardo iconico, le testimonianze della realtà, dalla fotografia alla rappresentazione dell’umanità. Un ‘Colore invisibile‘ è l’azzeccato titolo della mostra. Come recita il titolo “Unseen Colour” (Colore invisibile), ci mostra un aspetto nuovo, e meno noto, del lavoro di Bischof. In un momento storico in cui la fotografia a colori godeva di scarsa considerazione, ridotta spesso alla dimensione pubblicitaria, Bischof la trasforma in tappa fondamentale del suo processo creativo. È come se avesse avvertito tutta l’energia del colore come mezzo espressivo.

Werner Bischof, Orchidee 1943
Werner Bischof, Orchidee (studio), Zurigo, Svizzera, 1943, Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022 © Werner Bischof Estate / Magnum Photos

Colore invisibile

Dunque la mostra ha il merito di restituirci un frammento importante del percorso creativo del fotografo. Arricchisce la conoscenza e l’idea che abbiamo di questa importante figura d’artista.
Il percorso espositivo è una libera esplorazione “a colori” dei mondi visitati e vissuti da Bischof. Copre tutto l’arco della sua carriera. Si alternano immagini inedite ottenute da tre diversi apparecchi fotografichi. Utilizzava una 6×6 Rolleiflex, dai particolari negativi quadrati, un’agile Leica, dal formato tascabile, e una Devin Tri-Color Camera, macchina ingombrante, che utilizzava il sistema della tricromia, ma garantiva una resa del colore di alta qualità. Il nucleo di immagini scattate con questa macchina è reso fruibile al pubblico per la prima volta grazie alla scoperta e alle relative indagini sulle lastre di vetro originali da parte del figlio dell’artista, Marco Bischof, che dirige l’archivio intitolato al padre.

Il nucleo di immagini scattate con questa macchina è reso fruibile al pubblico per la prima volta grazie alla scoperta e alle relative indagini sulle lastre di vetro originali da parte del figlio dell’artista, Marco Bischof, che dirige l’archivio intitolato al padre.

L’artista e il suo contesto sono raccontati attraverso negativi originali e documenti d’epoca. Tra l’altro è esposta anche la Devin Tri-Color Camera. Acquistata per Bischof dall’editore che pubblicava le prestigiose riviste “Du” e “Zürcher Illustriert”, oggi è conservata presso il Musée suisse de l’appareil photographique a Vevey (nel Canton Vaud).

Combinare estetica ed emozione

Il carattere unico della fotografia di Werner Bischof si trova soprattutto nel suo combinare estetica ed emozione. Egli compone un’immagine molteplice e nel contempo chiara e assertiva.
I soggetti sono quelli noti del fotografo svizzero: dagli esperimenti formali dei primi anni di ricerca alle fotografie di studio e moda; dal racconto del dopoguerra in Europa alla presentazione intimistica dell’Estremo Oriente; fino alle campagne fotografiche negli Stati Uniti e al suo ultimo viaggio in Sud America.
Le opere esposte rivelano la grande capacità tecnica e l’accurata ricerca formale di Werner Bischof, indagine che diventa più costante nella produzione degli ultimi anni e che assume nuova vitalità grazie al colore.

Le opere esposte rivelano la grande capacità tecnica e l’accurata ricerca formale di Werner Bischof, indagine che diventa più costante nella produzione degli ultimi anni e che assume nuova vitalità grazie al colore.

Nature morte, studi di luce, composizioni astratte, ma anche scatti di moda, dei primi anni ’40, svelano il Bischof attento e curioso sperimentatore dopo la formazione alla Kunstgewerbeschule di Zurigo con Hans Finsler, pioniere della “Neue Sachlichkeit” (Nuova Oggettività).

Werner Bischof, Natura Morta 1943
Werner Bischof Studio, Zurigo Svizzera 1943, Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022 © Werner Bischof Estate / Magnum Photos

Foto come documento

L’esperienza della seconda guerra mondiale cambierà il registro interpretativo. Bischof uscirà dallo studio per fotografare la realtà drammatica del tempo. Sono gli anni del documento di un’ Europa postbellica. Lavora per la prestigiosa rivista svizzera “Du”. In mostra è presente una delle fotografie più celebri e discusse del fotografo, quella che ritrae un bambino di Roermond (nei Paesi Bassi), con il volto disseminato dalle cicatrici causate dall’esplosione di una mina giocattolo. Pubblicata a colori come copertina nel numero del maggio 1946 della rivista, l’immagine provocherà accese reazioni di sdegno. E ci dice quanto, purtroppo, sia ancora attuale.
Si possono ammirare le fotografie a colori di Berlino, Colonia e Dresda, le altre città in rovina, realizzate nel ’46. Come anche i ritratti della popolazione rurale italiana. Anche qui il colore diventa elemento essenziale della composizione. Si nota un uso sapiente e dinamico delle cromie.

Werner Bischof, Berlino 1946
Werner Bischof, Il Reichstag, Berlino, Germania, 1946, Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022 © Werner

Un’Europa diversa

Il passaggio successivo al 6×6 racconta un’Europa diversa, dalla Sardegna alla Polonia. Fino alle testimonianze del lungo viaggio che nel 1951 lo porterà in Asia. Il colore diffonde stati d’animo. Aiuta Bischof ad esprimere il senso del patrimonio culturale dell’oriente, soprattutto di quello giapponese. L’affascinante bellezza, la spiritualità e la ricerca di un approccio più intimo. Gli scatti realizzati a Kyoto testimoniano quel percorso che diventerà il prezioso libro “Japon”. Con la sua alternanza di immagini in bianco e nero e a colori, il volume vinse il premio Nadar nel 1955.

Werner Bischof, modella con rosa, Svizzera 1939
Werner Bischof, Modella con rosa, Zurigo, Svizzera, 1939, Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022 © Werner Bischof Estate / Magnum Photos

Riflessi, dettagli, giochi di luce

Su tutt’altro registro si muovono invece le fotografie, realizzate con la piccola e agile Leica nel 1953. Durante il viaggio negli Stati Uniti, lo sguardo di Bischof sembra divertirsi a cogliere riflessi, dettagli audaci, giochi di luce e colore nei frammenti delle architetture urbane.
Il calore dei luoghi e della gente dell’America Centrale è immortalato in scatti vivaci, dai forti contrasti cromatici. Nel viaggio in Perù, Bischof rimane colpito dalla cultura Inca, “dalle macchie di luce e colore sulle antiche mura e architetture in rovina, da cui si aprono squarci e finestre con punti di vista sempre nuovi da immortalare.”
Durante quello che il fotografo definisce “il grande viaggio”, la sua vita verrà bruscamente interrotta. In un tragico incidente sulle Ande, nel maggio 1954.

Werner Bischof, Italia 1946
Werner Bischof, Essiccazione del grano. Castel di Sangro, Italia, 1946. Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022 © Werner Bischof Estate / Magnum Photos

In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo edito da Scheidegger & Spiess ed Edizioni Casagrande in italiano, inglese e tedesco, con testi di Tobia Bezzola, Clara Bouveresse, Luc Debraine e Peter Pfrunder.

Werner BischofUnseen Colour. Dal 12.02 al 02.07.2023 al MASI di Lugano.

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