Permanenza dell'antico

Permanenza o decostruzione?

La nuova vita della pietra

Visual Curator
Vittoria Rossini
English Translation
Rebecca Verrascina
Spanish Translation
Bryan Bravo
Author
Marco Nardini

Al giorno d’oggi si parla molto di decostruzione. Spazi, forme volumi in decostruzione sono protagonisti. La permanenza non è auspicata o sostenuta. Meglio dismettere. Così anche funzioni e tipi sono transitori e non permanenti. L’utilizzo (e riutilizzo) di singoli edifici lascia il posto alla loro sostituzione, in una logica di consumo della costruzione come fosse un qualsiasi prodotto. Lo “stabile” non deve essere perciò stabile, permanente nel tempo. Anzi, una costruzione in pietra, solida, può costituire un problema perché parla più della permanenza e dell’idea di riutilizzare, eventualmente, gli edifici nel loro insieme. Il che significa progettare edifici che non siano solo materialmente durevoli, ma che siano anche in grado di rimanere culturalmente rilevanti per molto tempo. Proviamo a riflettere sui paradigmi opposti di permanenza e decostruzione, anche in chiave sostenibile.

Progettazione edifici
Immagine di Daniel Mccullough- Progettazione

Una questione di termini

Decostruzione non è un neologismo, come talvolta si sente dire. Il termine esisteva già nel dizionario con un senso in bilico tra lo smontaggio e il disassemblaggio delle parole tipicamente di una frase. Ma anche per lo smontaggio delle parti di un oggetto o di una macchina. Occorre notare che questo termine sembra avere un utilizzo propriamente linguistico. Tuttavia alcune avanguardie dei primi anni del 1900 (in particolare il Costruttivismo) ne hanno trasferito i significati (e le modalità del disassemblaggio) anche in ambito architettonico. L’avvento del digitale nella progettazione ha poi enfatizzato questo processo. E l’assemblaggio dei componenti architettonici è diventato un processo irreversibile anche in vista di una loro produzione industriale. Così le costruzioni sembrano sempre più oggetti. Anche perché sono progettati come tali. Si tratta di una “distruzione” del concetto di stabilità come permanenza e continuità. Sostituita dal componente, nozione tipicamente industriale.

La destabilizzazione dell’essere

Se la decostruzione consiste nel disassemblare, nel distaccare i pezzi di un montaggio o di un sistema, allora risulta subito evidente che essa pone l’accento sullo scarto, la distinzione, la differenza. “La mutevole informazione che noi percepiamo come Mondo è una narrazione in via di svolgimento” secondo lo scrittore Philip K. Dick. Il passaggio dal vecchio al nuovo secolo ha visto però naufragare le promesse di liberazione del postmoderno finendo per destabilizzare l’identità.

Quasi come se non ci fosse un reale, là fuori, con cui fare i conti, ma solo un gioco d’interpretazioni metodologiche e manipolazioni che fanno sparire di scena il mondo vero e con esso la permanenza. Riaffermando che ci deve essere un indecostruibile si cerca di ristabilire un’identità proprio perché c’è un mondo solido e impermeabile alle nostre manipolazioni e interpretazioni. Per questo l’avvenire della decostruzione, secondo alcuni, sta nella ricostruzione. Perché non si capisce cos’altro se non la realtà si possa offrire come alternativa filosofica e politica in un mondo ammalato di favole.

Edificio Vecchio e  Edificio nuovo
Immagine di Viktor Forgacs Mantenimento e Ricostruzione

Ricostruire la decostruzione

Il termine permanenza, riferito all’architettura, significa mantenimento e affermazione nel tempo di valori tecnici, funzionali e simbolici. Indica quindi la categoria esistenziale di un edificio. Sul piano operativo richiama, inoltre, alla programmazione della durata e al progetto dell’obsolescenza fisica e funzionale, priorità strategiche ai fini della realizzazione di un intervento. Oggi, al concetto di permanenza è sempre più spesso contrapposto quello di temporaneità. Sono due paradigmi che, nella loro contrapposizione, inducono a indagare importanti questioni di politica tecnica ed edilizia con significative ricadute anche in altri settori come l’economia e, soprattutto, le politiche ambientali. In altre parole, è giusto che il tema della programmazione della durata edilizia si affianchi all’esigenza di un uso più razionale delle risorse disponibili, un tema, questo, prettamente di sostenibilità.

L’età della pietra

La pietra ha il potenziale per diventare un materiale strutturale a basso contenuto di carbonio un materiale che sta finalmente riapparendo nel lessico strutturale. Proprio grazie alla sua impronta a basso tenore di carbonio. Rispetto all’acciaio e al cemento, il materiale offre notevoli risparmi in termini di sostenibilità. I produttori e gli ingegneri di cemento e acciaio parlano di versioni “verdi” di entrambi, ma nella migliore delle ipotesi risparmiano il 40% se tutti i risparmi di energia e materiali sono allineati. Mentre la pietra rimane inferiore del 98% nel suo carbonio incorporato. Utilizzando l’energia rinnovabile, ad esempio nelle cave, la pietra ha una quantità di carbonio incorporata prossima allo zero. Tuttavia, nonostante il potenziale risparmio di carbonio, il materiale non viene comunemente utilizzato come materiale da costruzione moderno.

Pietra per costruire
Immagine di Fabrizio Conti- Pietra

Un utilizzo sostenibile

C’è una credenza popolare che afferma che la pietra non esiste più. Eppure questa è un’affermazione fuorviante. Sicuramente la vicinanza della cava al cantiere è importante affinché il materiale possa essere utilizzato in modo sostenibile. Una ricerca condotta presso l’ETH di Zurigo suggerisce che se la pietra viene trasportata su camion per oltre 200 chilometri, potrebbe non avere più senso un impiego strutturale in termini di riduzione del carbonio. Ci sono anche altre limitazioni di carattere politico e insediativo. Non vogliamo, ovviamente, che nuove cave spuntino ovunque. La pietra deve essere selezionata e la provenienza deve essere corretta. Se le cave non sono adeguatamente attrezzate, si può produrre molta polluzione. E si può distruggere il ciclo virtuoso.

Innovazione e tradizione

Con la pietra siamo 20 anni indietro rispetto al legno lamellare. Solo ora cominciamo a vedere gli architetti mettere in discussione l’uso della pietra, non più come rivestimento, ma come materiale portante, proponendo ciò che il legno lamellare ha fatto negli ultimi 20 anni, come sistema prefabbricato e perfezionato. Oggi esistono aziende che prelevano la pietra dalle cave (soprattutto le pietre di scarto) e le riutilizzano creando componenti prefabbricati. I blocchi scartati vengono tagliati in pezzi più piccoli per facilitare agli ingegneri la verifica della loro idoneità. Attraverso di essi vengono praticati dei fori e vengono fatti passare cavi o armature metalliche per collegarli agli elementi costruttivi prefabbricati. Gli elementi prefabbricati possono essere realizzati come muri di varie dimensioni, colonne da 50 centimetri, fino a sei metri di altezza. Si realizza una sorta di nuovo calcestruzzo, per l’industria della costruzione.

Un edificio diventa cava per un altro edificio

Facendo riferimento ai metodi storici di approvvigionamento della pietra, gli esperti affermano che la spolia (un termine latino che descrive lo smantellamento delle strutture in pietra per essere riutilizzate in nuove costruzioni) sta vivendo una rinascita. Un edificio diventa una cava per un altro edificio. Nei tempi antichi questo procedimento era utilizzato per evitare lo sforzo di tagliare e scolpire la nuova pietra. Oggi il suo vantaggio è in termini di costi di carbonio derivante dal riutilizzo. Piuttosto di dover estrarre la materia prima, i costruttori gotici, romanici, rinascimentali smantellavano edifici in pietra per riutilizzare la pietra e ricostruire altri edifici, anch’essi in pietra. Era una sorta di circuito virtuoso e sostenibile.

Spolia Valencia Chiesa di Santa Caterina
Spolia nel muro della Chiesa di Santa Caterina ( Valencia)

Una nuova idea di decostruzione

Lo smantellamento degli edifici in pietra non è privo di costi in termini di carbonio. Ma la longevità e la permanenza della pietra sono ciò che rende un materiale più sostenibile. Oggi si parla molto di decostruzione e riutilizzo dei singoli componenti dell’edificio, un processo che comunque richiede energia. La solida costruzione in pietra parla più di permanenza e dell’idea di riutilizzare gli edifici nel loro insieme. Ciò significa progettare edifici che non siano solo materialmente durevoli ma che possano anche rimanere culturalmente rilevanti per molto tempo.

Per approfondire: Ricostruire la decostruzione di Maurizio Ferraris

Forse ti potrebbe interessare anche: Vetrine e allestimenti: esistono soluzioni green?