Tra attivismo e sostenibilità

Il ruolo del progettista? Farsi domande.

Visual Curator
Norma Marquez
Spanish Translation
Andrea Terrado
English Translation
Rebecca Verrascina

“La terra ha bisogno di essere salvata”. Ma io direi che la terra ha bisogno di essere capita. Caratteristico del mondo contemporaneo è che le domande restino senza risposte, almeno senza risposte convincenti tra attivismo e sostenibilità. Le risposte, quando ci sono, costituiscono spesso degli ossimori. Sostituiscono al significato un artificio retorico annullando l’utilità della risposta. Sia l’attivismo che la sostenibilità sono atteggiamenti senza dubbio importanti, ma possono essere fonte di confusione come quando si parla di crescita verde. Molti politici insistono sul fatto che la ripresa globale debba essere radicata nella crescita verde. Ma le parole hanno un significato. Non esiste una cosa come la crescita verde. La crescita, in realtà, sta spazzando via il verde dalla Terra. Possiamo essere verdi o possiamo avere crescita, ma non possiamo avere le due cose insieme. È impossibile. Alla fine si sceglie la crescita? Ma allora non la si chiami verde.

Sembra che ci sia una corsa a fornire risposte troppo sbrigative, ma chi voglia davvero agire per la sostenibilità farebbe meglio a concentrarsi sulle domande. “Preferirei avere domande a cui non si può rispondere piuttosto che risposte che non possono essere messe in discussione” ha detto Richard Feynman, il fisico premio Nobel nel 1965, le cui conferenze presso l’Università di Washington (del 1963) costituiscono, ancora, una lettura attualissima. E un modo per sostenibilità e attivismo di affrontare la realtà.

Possiamo essere verdi o possiamo avere crescita

Cos’è la transizione ecologica?

Si parla di transizione ecologica come culmine della sostenibilità senza mai chiarire cosa veramente s’intenda. Si ricorre all’attivismo per un mondo sostenibile senza spiegare verso quale mondo ci condurrà tale transizione o se ci possano essere diverse “transizioni”. Non ci viene detto da chi e in che modo debbano essere governate e quali siano gli scenari o perché vengano adottate certe scelte piuttosto che altre.

Il dubbio potrebbe essere che le scelte vengano fatte solo in base al profitto. Un punto per valutare la sostenibilità è che il mercato, di per sé, non può promuovere la sostenibilità. Attualmente ecosistemi e biodiversità non sono suscettibili di una convincente valutazione economica.

"transizione ecologica"

La soluzione si trova nella tecnologia?

L’uomo da sempre ha sviluppato tecnologie più efficienti, in ogni rivoluzione industriale. Ora si trova di fronte a un bivio, in cui deve scegliere: andare verso sistemi che cannibalizzano l’energia oppure stare attento a gestire le risorse per non cedere al collasso del sistema energetico.

In quest’ottica la tecnologia sostenibile sarebbe un progresso. Cosa anche vera, se non fosse considerato l’unico, l’autentico e soprattutto il solo artefice del sostenibile.

Il nostro mondo ultra-tecnico, specializzato e globalizzato resisterebbe a una catastrofe proveniente dalla scarsità di energia? Resisterebbe alla mancanza di risorse facilmente accessibili o alle conseguenze dell’inquinamento. O ad una nuova crisi finanziaria ed economica. Magari più acuta di quelle attuali. Il nostro mondo potrebbe superare una guerra mondiale? Potrebbe sopravvivere continuando a ignorare le sofferenze “non contabilizzate”?

Progettare è un atto, ma anche un comportamento. E una condotta è un gesto fondante per progettare un tavolo o una casa. Oppure un giardino o una città. “Se quello che usiamo oggi è fatto con arte (e non a capriccio) non avremo niente da nascondere” diceva Bruno Munari. Il concetto di fare “con arte” non è altro che quello che applica, con successo, la natura nel suo attivismo per la sostenibilità.

La scelta è nel riuso dei materiali?

Spesso non conosciamo l’origine delle materie prime che vengono utilizzate né i costi ambientali che vengono pagati in luoghi del pianeta diversi da quelli in cui i prodotti vengono consumati. Mentre lo stato del pianeta peggiora e la crisi globale ci minaccia, nel frattempo abbiamo abbattuto sempre più alberi e bruciato sempre più petrolio. Ma ci hanno spiegato che avremmo salvato l’ambiente e protetto la natura.

A livello globale il 20% della popolazione continua ad accaparrarsi oltre l’80% delle risorse. Più metalli stanno per essere estratti dalla crosta terrestre, in una generazione, rispetto a quanto si è fatto in tutta la storia umana. L’infrastruttura tecnologica è questa enorme macchina inquinante. Per invertire il processo bisogna stabilire dei limiti. Ma come fare?

Un contesto difficile obbliga ad avere uno sguardo che cerchi di cogliere spunti. Bisogna aprire scenari creativi imprevisti. Bisogna liberarsi dalle abitudini, ripensando categorie e regole comuni. Tutto questo deve avvenire in una attenta salvaguardia delle energie utilizzate. Il mondo è pieno di stimoli e di opportunità.

Architettura e società

L’architettura, come tutta la società, risente di un bulimico delirio di onnipotenza. Ci vorrebbe una architettura più umile, sobria, frugale. La frugalità nell’energia, nelle materie prime, nella manutenzione implica approcci low tech. Ciò non significa assenza di tecnologia, ma l’uso di tecniche pertinenti, non inquinanti o dispendiose insieme a dispositivi facili da riparare, riciclare e riutilizzare. In fase di realizzazione e di progettazione la frugalità richiede innovazione, invenzione e intelligenza collettiva. Non richiede un’egemonia della visione tecnologica della costruzione, ma il coinvolgimento dei cittadini. Poiché non è l’edificio ad essere intelligente, ma lo sono i suoi abitanti.

Secondo le stime, si potrebbero costruire circa 1.000 nuove case ogni anno utilizzando legno di scarto proveniente dai cantieri di una grande metropoli europea. Ogni 12 mesi creiamo circa 16 milioni di tonnellate di rifiuti di legno a livello globale e attualmente ne ricicliamo solo il 15%. Un uso più ampio del riciclo e del recupero è quanto mai urgente per massimizzare l’utilizzo e per ridurre al minimo gli sprechi di materiale. Necessitiamo di un nuovo pensiero da parte di architetti e designer tra attivismo e sostenibilità visto che una svolta epocale si sta aprendo. E l’ultima domanda: sarà progresso o ritorneremo indietro di 250 anni?

Per approfondire: Building a more just society

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